Hai presente quando continua a capitarti sotto gli occhi un libro, che sembra tutti stiano leggendo e di cui tu, invece, ignori l’esistenza? Ecco, questa cosa mi ha attirata come una calamita a uno dei libri più belli che io abbia letto in questi mesi. E spero capiti lo stesso anche a te. Se sei curioso il titolo è “Tre piani” e l’ha scritto Eshkol Nevo (in Italia lo pubblica Neri Pozza). Io te lo racconto brevemente qui, ma per apprezzarlo a pieno la mia recensione so già non ti basterà, quindi poi corri ad acquistarlo.
Come sai io non leggo quasi mai le sinossi dei libri, mi lascio catturare da altre cose come il titolo, la copertina o il consiglio di un’amica con gusti letterari simili ai miei. È successo lo stesso con Tre piani, che ho visto sulla bacheca Instagram di Zelda Was A Writer. E non me lo sono lasciata scappare.
Brevemente, si tratta di 3 racconti lunghi (poco meno di 100 pagine ciascuno) su tre famiglie che abitano nello stesso condominio, a tre piani diversi. Spesso si incrociano nell’androne o sulle scale, come succede a chi vive nello stesso palazzo, ma le loro vite sono completamente separate. Il 3 è un numero importante per molte culture, per alcune considerato addirittura sacro, ed è un numero perfetto per dare una visione della vita da punti di vista diversi.
Anche Freud ne parla,
nell’ambito della sua teoria topografica secondo la quale l’anima è divisa in tre piani.
Al primo piano risiedono tutte le nostre pulsioni e istinti, l’Es.
Al piano di mezzo abita l’Io, che cerca di conciliare i nostri desideri e la realtà.
E al piano più alto, il terzo, abita sua altezza il Super-Io. Che ci richiama all’ordine con severità e ci impone di tenere conto dell’effetto delle nostre azioni sulla società.
È come se i protagonisti si trovassero nel salottino di uno psicologo e stessero raccontando i loro sbagli. Tutti parlano a qualcun altro, cercando di dare una forma alle emozioni e sperando che confessare sia sufficiente per espiare.
C’è Arnon, il padre del primo piano che vive con la convinzione che sua figlia sia stata abusata sessualmente dal vicino, convinto di essere l’unico a volersi battere per la verità, che sfoga tutta la sua rabbia in una lunga arriga autodifensiva con un amico. C’è Hani, che racconta in una lettera commovente e intima la crisi di mezza età che si trova a vivere tutta sola, cercando di giustificare le sue azioni proprio con la solitudine a cui è costretta. E poi c’è Dvora, ex giudice in pensione, che registra la sua vita sui nastri di una vecchia segreteria telefonica. La voce del marito defunto che le parla dall’apparecchio la spinge a raccontarsi e aprire il suo cuore al perdono e alla riconciliazione con un figlio dato per perso.
Solo in quest’ultimo racconto c’è l’happy end, o almeno c’è un finale. Gli altri due lasciano il lettore in una piacevole sensazione di “sospeso”, divisi tra la colpa e la speranza.
E tutto ciò rende il libro ancora più coinvolgente. Perché è facile sapere che va sempre tutto a finire bene, ma vivere nell’illusione che tutto possa tornare al suo posto da solo non è reale. Non basta confessare uno sbaglio per essere perdonati: bisogna in qualche modo riparare all’errore, ma non tutti sono in grado di farlo.
I tre piani dell’anima non esistono dentro di noi. Niente affatto! Esistono nello spazio tra noi e l’altro, nella distanza tra la nostra bocca e l’orecchio di chi ascolta la nostra storia. E se non c’è nessuno ad ascoltare, allora non c’è nemmeno la storia.
Tre piani è un libro bellissimo, che merita di stare sul comodino anche dopo che l’hai terminato, per ricordarti che nella vita tutti commettiamo degli errori. Quello che a volte ci dimentichiamo di fare è chiedere scusa.
Se l’hai già letto, fammi sapere se ti è piaciuto e quale dei tre racconti hai amato di più. Se invece prima di leggere la mia recensione neanche l’avevi sentito nominare, ma un po’ ti ho incuriosito, poi dimmi se c’ho beccato con il consiglio :)
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