Un serial killer freddo e calcolatore, che trasforma le sue vittime in complici. Omicidi misteriosi dove tutti hanno un alibi ma anche un passato discutibile e molti scheletri nell’armadio. Il regista, l’ultimo thriller di Elisabetta Cametti, mi ha davvero rapita: non sono un’amante del genere, ma amo i buoni libri e le storie che ti prendono e ti inchiodano alle pagine. Questa volta – seguendo il consiglio di Valentina, amica e scrittrice (due parole che nella stessa frase fanno sempre un certo effetto!) – ho deciso di scrivere una recensione un po’ diversa: facendo parlare l’autrice, in un’intervista a tutto tondo.
Grazie alla casa editrice Il Cairo ho avuto la possibilità di leggere Il regista, il thriller di Elisabetta Cametti uscito qualche mese fa. E mi è venuta la curiosità di andare a scoprire cosa si nasconde sotto un romanzo e la sua autrice. Così ho intervistato Elisabetta e ci siamo fatte una bella chiacchierata non solo sul suo ultimo libro, ma anche su temi attuali quali l’influenza dei social network sulle nuove generazioni e l’attenzione ai fatti di cronaca, spesso spunto e ispirazione per le sue storie.
Il regista – 29 ore per non morire
Ne Il regista la protagonista principale è Veronika, così descritta dalla stessa autrice: «una fotoreporter determinata a portare alla luce le ferite dell’emarginazione nelle metropoli. I suoi scatti ritraggono il lato cupo di New York: senzatetto morti di stenti sui marciapiedi, cani randagi alla ricerca di cibo nei cassonetti, disabili e anziani abbandonati alla solitudine. Quella parte di umanità a cui nessuno vuole guardare, che si consuma nei vicoli, dentro le stazioni della metropolitana, nei luoghi più affollati, così come in quelli più dimenticati. I giornali definiscono Veronika “cecchino della strada” perché ogni sua foto è un colpo al perbenismo e fa parlare la rete attraverso milioni di visualizzazioni al giorno e decine di migliaia di tweet all’ora.» Accanto a lei tutta una serie di personaggi, maschili e femminili, dalle personalità davvero ben articolate. Una su tutte Barbara Shiller, «profiler del New York Police Department; crede nelle proprie responsabilità e dedica ogni energia a dare la caccia ai serial killer.»
Il regista fa parte della Serie 29, e il payoff del titolo è proprio “29 ore per non morire”. C’é un significato dietro questo numero?
«Serie 29 perché la trama si svolge in 29 ore. Il 29 è il numero delle avversità e degli ostacoli, ed è rappresentato dalla bara. Inoltre è un numero che torna nelle statistiche di omicidi seriali: ci sono stati serial killer che hanno compiuto il primo omicidio a 29 anni, il numero medio di vittime di alcuni serial killer è 29, negli Stati Uniti il 29% dei serial killer è itinerante, il 29% dei serial killer donna uccide a casa propria, e così via. Quindi Il Regista prevede 29 ore serrate di interrogativi, attentati e minacce. Una corsa contro il tempo nella quale ogni traccia conduce a una nuova pista, senza mai portare a un movente.»
Hai già in mente un sequel con Veronika protagonista? O ci saranno altre storie prossimamente?
«Mi piace l’idea di creare personaggi seriali e di fare un lungo tratto di strada insieme a loro. Sto scrivendo il secondo thriller con Veronika Evans come protagonista. Ma anche Katherine Sinclaire (protagonista della serie K, che comprende i due precedenti romanzi della Cametti, ndr) tornerà presto. Ho già in mente la trama del terzo capitolo. E scriverò anche un romanzo ad altissima tensione in cui Katherine e Veronika si incontreranno.»
Ne Il regista si parla del potere dei media, di attacchi hacker e di social network. Quanto credi essi influenzino i giovani e le nuove generazioni, diffondendo in maniera più facile rispetto a un tempo la violenza e la criminalità?
«Il web e i social network sono molto presenti nella nostra vita e lo saranno ancora di più in quella delle generazioni future. La forza dei nuovi media è dirompente e influenza ogni aspetto della quotidianità. È compito nostro sfruttarne i lati positivi e gestire con intelligenza quelli più problematici: solo così saremo in grado di “orientare” un cambiamento già iniziato e che è impensabile arrestare.»
Perché hai scelto di ambientare il romanzo negli Stati Uniti?
«Ho scelto New York perché si presta ad ambientazioni diverse: dai vicoli dove si rifugiano i senzatetto, al set del talk show vincitore dell’Emmy Award; dallo scantinato di un edificio disabitato, all’ultimo piano del 432 Park Avenue, il grattacielo ancora in costruzione che con i suoi novantasei piani supera l’Empire State Building e la Freedom Tower. Lo scopo è mostrare tutti i volti della metropoli, soprattutto quelli meno conosciuti.»
Thriller ed eroine femminili: binomio vincente
Elisabetta Cametti, definita dalla stampa “la regina italiana del thriller”, è autrice anche di un altro romanzo, anzi due, quelli della serie K: I guardiani della storia e Nel mare del tempo, dove il personaggio principale – Katherine – è «una manager dell’editoria, che passa da una riunione strategica all’altra e a causa della sua dedizione al lavoro si trova coinvolta in un intrigo archeologico dove rischia di perdere la vita».
Le donne sono le protagoniste forti dei tuoi libri. Prima Katherine ora Veronika e Barbara. È una scelta voluta?
«Le mie storie nascono dai personaggi. Sono loro il fulcro di tutto. Da sempre il mio obiettivo è quello di dare vita a protagoniste che siano donne vere, intense. Lontane dalla perfezione e calate nella realtà che ci circonda.
Sono tutte e tre donne molto diverse nell’aspetto, nel modo di ragionare, nell’approccio alla quotidianità. Tuttavia hanno un punto in comune: si fanno portavoce di messaggi importanti. Non vogliono essere un riferimento per i canoni estetici ma per i valori in cui credono. Katherine lotta per l’integrità e per la difesa di ogni forma di vita. Veronika denuncia l’indifferenza. Barbara mette la giustizia al primo posto. Tutte e tre vivono in una società corrotta e si adoperano per cambiarla.»
Entrambi i libri possono sono catalogati come “thriller”, anche se in realtà sotto c’è molto di più.
«Non considero i miei romanzi thriller in senso stretto. Adoro scrivere trame complesse, ricche di personaggi le cui storie si intrecciano e di misteri che mentre si dipanano conducono a nuovi enigmi. Il thriller è il genere che più si presta a questo tipo di narrazione: permette di spaziare in ogni dove, di unire l’alta tensione alle verità storiche, gli intrighi all’avventura, l’azione al sentimento, ma anche di far volare la fantasia senza trascurare momenti più profondi.»
Realtà o fantasia? Da dove arriva l’ispirazione?
Ti ispiri a fatti di cronaca per scrivere le tue storie?
«Le mie storie sono fiction, ma si basano su un approfondimento costante di tutti i temi trattati. Dopo aver scritto i due romanzi della serie K, in cui l’azione ruota attorno a misteri storici, volevo sfidarmi con una trama che affronta argomenti di grande attualità come il giornalismo d’assalto, i talk show, gli attacchi degli hacker. Da sempre seguo la cronaca internazionale, sono affascinata dalle tecniche investigative e trovo interessante lo studio del profilo psicologico degli assassini. E Il Regista ne è il risultato: racconta le ultime 29 ore di un serial killer che con la sua strategia omicida scriverà una nuova pagina della storia del crimine.»
Il raccontare (o mostrare al cinema o in TV) fatti di cronaca particolarmente brutali può incentivare il rischio di emulazione?
«Omicidi, indagini e processi sono ormai all’ordine del giorno, è innegabile. Ci mostrano il lato più cupo della medaglia e stimolano emozioni forti: rabbia, paura, sospetto. Ma è anche vero che stimolano la voglia di capire, di scoprire. Seguendo la cronaca si guarda in faccia la realtà, si impara a conoscerla, e si possono avere più chance per migliorarla.»
Dal libro al film… speriamo!
Ho trovato la tua scrittura molto scorrevole e coinvolgente, pagina dopo pagina continuavo a figurarmi davanti le scene come nelle migliori serie TV americane. Ti piacerebbe che i tuoi libri venissero portati anche sul grande schermo?
«La trasposizione cinematografica dei miei romanzi è uno dei sogni più grandi. Se potessi scegliere, vedrei K come serie televisiva e le 29 ore del Regista concentrate in un film dal ritmo serrato. È un percorso lungo e in salita. Ma lo vivo come una sfida. Una bella sfida.»
#sulcomodino degli autori
Ora una domanda “personale”: quale libro c’è attualmente sul tuo comodino?
«Premetto che in fatto di libri e film sono onnivora: leggo e guardo di tutto. Ci sono scrittori che sento più vicini a me come stile, altri che ammiro per la capacità di tenere alta l’attenzione, o per la maestria con cui tessono la trama. Da ogni libro ho imparato qualcosa, nel bene e nel male… come sosteneva Plinio il Vecchio: “Non c’è libro tanto cattivo che in qualche sua parte non possa giovare”.
Le mie letture sono dettate dallo stato d’animo e ho sempre almeno due libri aperti sul comodino. In questi giorni sto rileggendo La forza della ragione di Oriana Fallaci e ho appena iniziato L’ultima profezia di Zecharia Sitchin.»
Grazie a Elisabetta Cametti per la disponibilità e per i preziosi consigli di lettura ;)