Nessuno come noi – Luca Bianchini

Immaginare, adesso, un mondo senza internet, cellulari e social network è impossibile. So già che quando mia figlia mi chiederà come ho fatto a superare l’adolescenza senza questi “strumenti” mi sarà difficile farle capire che c’è una cosa chiamata CUORE che può aiutarci a superare tutto, tradimenti e delusioni comprese. Allora le farò leggere “Nessuno come noi” di Luca Bianchini. E tutto avrà un senso.

Vince, Cate e Spagna sono tre giovani torinesi alle prese con i primi batticuori, le prime esperienze sessuali e le prime pene d’amore.

Sono tre amici inseparabili, tre personalità diverse che disegnano un ritratto perfetto di quegli anni: il figlio di operai che cerca di fare il paninaro, innamorato della bella della classe, che per ora è solo la sua migliore amica, che si innamora del fighetto di turno (Romeo), figlio di papà (e di mamma), che vive in collina e si atteggia da arrogante, nascondendo sotto questo comportamento una grande solitudine. E poi c’è la dark, la prof che prima di un’insegnante è un’amica, i gruppetti “categorizzati” (le secchione, i bocciati ecc) e tanti altri personaggi collaterali, che tutti abbiamo avuto in classe alle medie o alle superiori.

A raccontarli la magica penna di Luca Bianchini che, quasi avesse il dono del teletrasporto, ci catapulta direttamente negli anni ’80, nel suo liceo di Moncalieri.

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Vince, Cate e Spagna erano convinti di essere simpatici a tutti. Li chiamavano “Tre cuori in affitto”, come i protagonisti del telefilm di Rete4 che guardavano ogni giorno.

Niente di nuovo, quindi, ma bisogna pur saperle raccontare le storie. E Bianchini sembra proprio avere questo gran dono.

It’s a boy!!!! Ci vediamo martedì in tutte le librerie. 🎉🎉 #nessunocomenoi #agitasiun

Una foto pubblicata da @bianchiniofficial in data:

Perché tutti – quelli più vicini agli anni Ottanta che ai Novanta – si ricordano la Girella e il panino tonno e carciofini per merenda, le felpe della Best Company (io sbavavo dietro a quelle di mia sorella) e le musicassette (altro che CD, qui rasentiamo la preistoria) su cui intervenire – con la precisione di un chirurgo in sala operatoria – quando il nastro iniziava ad attorcigliarsi su se stesso. Ma pochi hanno il coraggio e la voglia di riaprire quei capitoli e di mettersi a nudo, raccontandoli.

Ad accomunare le diverse generazioni, quelle cresciute a Gran Turchese e Nesquick (altro che olio di palma) e quelle che se gli dici “Diario” pensano subito al newsfeed di Facebook, non certo alla Smemo, ci sono i sentimenti. Quelli restano invariati. A cambiare è solo il modo di esternarli e di relazionarcisi.

Vince e Cate si scrivono messaggi su foglietti di carta che si passano sotto il banco, trascorrono i pomeriggi a fare frullato-party e a provare i vestiti temporaneamente parcheggiati nella tintoria dei genitori di Cate, fingendo di essere dei VIP che devono andare a una festa.

Vivono quasi in simbiosi con la cornetta del telefono, in attesa della chiamata dell’amato o dell’amata. Ma se litigano le cose se le dicono in faccia, o al più per lettera (come fa Vince). Non vivono di sotterfugi, come quei falsi amici che postano frasi ad effetto su Facebook pensando di ferirti, o che cambiano continuamente stato su Whatsapp cercando di mandare dei messaggi subliminali, anche se in realtà nessuno se li fila.

Un’amicizia che svanisce è spesso dolorosa, e non sempre ha una causa.

Ai ragazzi degli anni Ottanta non interessa apparire, almeno non così tanto come agli adolescenti di oggi.

A Romeo, a dire la verità, interessava compiere diciotto anni solo per avere la macchina, votare i Radicali, firmarsi le giustifiche da solo e poter noleggiare le videocassette di Moana Pozzi senza problemi.

Perché le ramanzine e le strigliate dei genitori, all’epoca, erano i veri problemi. Non si era controllati e controllabili come lo si è ora, e forse questa è una delle cose che più rimpiangiamo. Sentirsi liberi di poter fare, a volte anche di nascosto, è un grande potere, soprattutto se consegnato nelle mani di un adolescente, e una grande forma di responsabilizzazione.

Sono ottimista, però, e voglio vedere qualcosa di buono anche nei giovani d’oggi. Voglio poter sperare si sia conservata un po’ di quella sana voglia di aiutare gli altri solo per il piacere di farlo, senza nessun tornaconto.

L’amicizia è anche questo: fare qualcosa controvoglia solo per aiutare qualcuno.

Dal libro al film, il passo è breve

I produttori delle pellicole di “Io che amo solo te” e “La cena di Natale”, i due film tratti dagli omonimi libri di Bianchini, hanno già confermato di essere pronti a mettere di nuovo mano alla cinepresa per portare sul grande schermo anche Vince, Cate, Spagna, Romeo, la Betty Bot e tutti gli altri protagonisti del romanzo.

L’autore, di suo, ha già fatto gran parte del lavoro perché il libro si legge proprio tutto d’un fiato e le scene si materializzano nella nostra mente proprio come se le stessimo guardando in un film.

Ma non un film qualunque: il film della nostra vita.

Incontro con l’autore

Ovvio e scontato dirvi che questo è un libro da leggere, subito, prima che diventi film ma anche prima che in libreria si esauriscano tutte le copie. E se vi va potete lasciare nei commenti il vostro parere e un piccolo pensiero o una domanda che vorreste fare a Luca Bianchini.

Il 26 gennaio 2016 alle ore 18:30 lo introdurrò nella sua presentazione di “Nessuno come noi” alla libreria Feltrinelli di via Quattro Spade, a Verona, e sarebbe bello portargli i vostri saluti e girargli i vostri messaggi.

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