L’enigma della camera 622 – Joël Dicker (La Nave di Teseo)

Nel suo nuovo romanzo, Joël Dicker si è fatto prendere un po’ la mano. È infatti lui il protagonista de “L’enigma della camera 622”, il suo ultimo libro a metà tra giallo, thriller, noir e spy-story. Un sapiente intreccio di crimini e misteri e una ricostruzione dei fatti su piani temporali diversi ti terranno incollato alle oltre 600 pagine, in quello che è già stato definito il page turner dell’estate.

Joël Dicker interpreta Joël Dicker

Sì, hai letto bene. Ne “L’enigma della camera 622” (edito in Italia da La Nave di Teseo, con la traduzione di Milena Zemira Ciccimarra) c’è anche Joël Dicker. E non come personaggio secondario, bensì nei panni dell’investigatore (suo malgrado) di un caso di omicidio rimasto irrisolto.

La camera 622 che compare nel titolo è la camera di un lussuoso hotel sulle Alpi svizzere, il Palace de Verbier, dove 15 anni prima si è consumato un efferato crimine.

E dove oggi (il tempo presente, per il lettore) Dicker si trova a soggiornare, per distogliere la mente da una relazione sentimentale finita male e recuperare l’ispirazione per il suo nuovo libro.

Coinvolto dalla vicina di stanza, una turista britannica molto sveglia di nome Scarlett, si mette alla ricerca di informazioni e indizi per riuscire a dare un nome all’assassino che anni prima, proprio in quell’albergo, aveva ucciso il nuovo presidente di un’importante banca ginevrina nella camera 622.

Il bello è che, oltre a non rivelare fino alla fine chi è l’assassino, Dicker non ci svela nemmeno il nome della vittima, lasciandoci giocare con le supposizioni, come è nel suo stile.

Cosa rende i libri di Joël Dicker così avvincenti?

Anche questa volta, gli ingredienti per fare dell’ultimo libro di Joël Dicker un romanzo vincente (e un successo editoriale, come alcuni anni fa era stato “La verità sul caso Harry Quebert”) ci sono tutti: la suspense di un giallo, gli intrighi tipici di un thriller, le ombre del noir e l’ingegnosità di una spy-story. Più un pizzico di auto-referenzialità, con l’omaggio all’editore e mentore Bernard de Fallois e una riflessione sul mestiere dello scrittore.

Non per niente l’ho inserito nella lista dei libri da portare in vacanza.

Quello, però, che mi ha più colpita in questo romanzo è l’abilità dello scrittore di tenerti incollato alle pagine grazie al ricorso ai flash back e flash forward. I piani temporali sono ben 3:

  • il presente, cioè il momento in cui si svolge l’azione principale (la ricerca dell’assassino da parte dello Scrittore e della sua aiutante Scarlett)
  • un passato recente, precisamente 15 anni e qualche giorno fa, cioè poco prima dell’assassinio
  • un passato più remoto, grazie al quale è possibile ricostruire la storia dei personaggi

Saltare di qua e di là potrebbe sembrare destabilizzante, in realtà si riescono a tenere bene le fila di tutta la storia e a dipanare man mano la matassa ingarbugliata dei fatti, anche se la trama si fa sempre più fitta e complicata.

Insomma leggere un libro di Dicker è sempre un piacere. È una prova di forza (anche data dal fatto che il libro conta più di 600 pagine), ma dà le sue soddisfazioni.

Leggendo “L’enigma della camera 622” non puoi trattenerti dal diventare tu stesso un detective e cercare di cogliere in fallo l’autore, scoprendo il colpevole prima di lui. Ma Joël Dicker è un’abile scrittore (nonostante sia giovanissimo, più giovane di me) e alla fine ti frega sempre con il colpo di scena finale.

E io lo amo proprio per questo.

Add Comment

Acconsento al trattamento dei miei dati secondo quanto esplicitato nella Privacy Policy

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: