La montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura. Lo sa bene Paolo Cognetti, che tra una vetta e una baita ambienta questo potentissimo romanzo.
È con queste frasi sulla montagna che inizia la sinossi di “Le otto montagne”. Lo so, io le sinossi non le leggo mai, tranne che alla fine. Per vedere se ho capito bene quello che ho letto, se il riassunto che ne danno nel risvolto rispecchia l’aspettativa del lettore. Così posso essere sicura che consigliarvelo sia veramente la cosa giusta da fare.
E “Le otto montagne” è più che consigliabile. È più di tutto.
È più di una storia d’amicizia, più di un romanzo di formazione, più di un viaggio avventuroso tra boschi e nevai, più di un’ode alla montagna.
È la mappa che tutti seguiamo nella vita, fatta di fughe e ritorni.
È la continua ricerca di noi stessi attraverso gli altri.
Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro è a monte.
È un perdersi per poi ritrovarsi. È un lasciarsi per poi riprendersi.
È la strada che ci indica il nostro posto nel mondo.
Può anche apparirti del tutto diverso, da adulto, un posto che amavi da ragazzino, e rivelarsi una delusione; oppure può ricordarti quello che non sei più e metterti addosso una gran tristezza. Non è che avessi tutta questa voglia di scoprirlo.
È famiglia, calore, amore (fraterno, filiare, passionale).
All’inizio della storia c’è Pietro, ragazzino di città, i cui genitori sono legati da sempre alla montagna. Ci sono nati (in quella veneta) e ci si rifugiano sempre, quando possibile, ovunque si trovino. Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sanno di essere tornati a casa. Affittano una piccola baita per l’estate e Pietro fa amicizia con un ragazzo del posto, Bruno, con il quale si dedica a esplorazioni e gite avventurose tra torrenti e resti di case abbandonate. Le camminate assieme al padre, invece, diventano l’appuntamento fisso del weekend, quando il genitore sale dalla città per rifugiarsi tra le montagne.
E da qui inizia un percorso di crescita e maturazione, con tutti gli annessi e connessi del rapporto padre-figlio. Una vera e propria “educazione”: perché
la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare.
[amazon_link asins=’880622672X’ template=’ProductAd’ store=’langdeilib-21′ marketplace=’IT’ link_id=’b29a4d58-cc2d-11e6-a60a-cb9f55295d3d’]”Le otto montagne” del titolo richiamano la cosmologia buddhista, spiegata da un portatore di galline al giovane Pietro.
Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi. […] E diciamo: avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?
Ed è proprio questa credenza a guidare il protagonista nel suo percorso di crescita.
Da mio padre avevo imparato, molto tempo dopo avere smesso di seguirlo sui sentieri, che in certe vite esistono montagne a cui non è possibile tornare. Che nelle vite come la mia e la sua non si può tornare alla montagna che sta al centro di tutte le altre, e all’inizio della propria storia. E che non resta che vagare per le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico.
Molte volte, da bambina e da ragazza, anch’io ho trascorso le vacanze estive in montagna (qui una diapositiva di 11 anni fa!).
E posso confermare che chi vive lì, perché c’è nato, al primo impatto dà l’impressione di essere chiuso e imperscrutabile, come le cime dei monti quando sono coperte dalle nuvole.
Siete voi di città che la chiamate natura. È così astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare, un nome non glielo diamo perché non serve a niente.
Ma come le montagne, anche le persone si lasciano “scalare”, si fanno conoscere e si aprono a noi. Regalandoci, come fa Bruno con Pietro, un’amicizia vera che dura nel tempo, nonostante spesso arrivino il temporale o la bufera.
Dissi a Bruno che volevo che quella casa non fosse mia, ma nostra. Mia e sua. Di tutt’e due. Ero convinto che mio padre desiderasse così, perché l’aveva lasciata a entrambi, e soprattutto lo desideravo io, perché l’avevamo costruita insieme.
A decretare il grande successo di questo libro ci sono anche gli importanti riconoscimenti che ha ricevuto. Dopo il Premio Strega Giovani 2017, “Le otto montagne” di Paolo Cognetti ha vinto anche la LXXI edizione del Premio Strega, davanti al bellissimo romanzo autobiografico di Teresa Ciabatti “La più amata” e ad altri capolavori della letteratura. Qui trovate la classifica completa.
Ho sempre amato leggere, ma da quando ho scoperto il tuo blog, la lettura è diventata una vera e propria “droga”.
Sai sempre dare preziosi consigli.
Grazie mille
<3 grazie a te :)