Non so ancora qual è delle due L’amica geniale, se la bella Lila Cerullo, che sceglie di accasarsi giovanissima e fare la vita della signora, o Lenù, che cerca di uscire dal rione ed emanciparsi, studiando il greco e il latino e ambendo a ben altra ricchezza. Forse lo scoprirò leggendo gli altri tre libri della tetralogia. So però per certo che di geniale c’è Elena Ferrante, caso letterario degli ultimi vent’anni. Un’autrice misteriosa (perché nessuno l’ha mai vista), sulla quale sono state fatte tutte le congetture possibili e immaginabili (è veramente una donna? oppure è un uomo? chi si nasconde dietro questo pseudonimo?), ma che ha deciso di far parlare di sé non tanto per la sua identità celata quanto per i suoi bellissimi romanzi, osannati più all’estero che in Italia.
Molly Fischer sul The New Yorker afferma di aver letto i libri e di non essere riuscita a smettere (“when I read them I find that I never want to stop”), tanta era la curiosità e la voglia di rimanere attaccata alle vicissitudini di queste due ragazze, delle loro famiglie e di tutti gli altri personaggi. Ed è proprio così che ci si sente: parte di una storia che non dà molto peso al contesto (siamo a Napoli, negli anni ’50, ma di più non è dato sapersi) quanto invece ne dà ai movimenti – interni ed esterni – dei protagonisti e delle comparse.
Andai a casa covando il dolore di essere la prima senza essere veramente la prima. Per di più i miei genitori cominciarono a parlare tra loro di dove potevano collocarmi, ora che avevo nientemeno la licenza media. Mia madre voleva chiedere alla cartolaia di prendermi come aiutante: secondo lei, così brava com’ero, ero adatta a vendere penne, matite, quaderni e libri di scuola. Mio padre fantasticava di trafficare in futuro con le sue conoscenze al comune in modo da sistemarmi in un ruolo di prestigio. Sentii una tristezza dentro che, pur non definendosi, crebbe, crebbe, crebbe fino al punto che non mi andava di uscire nemmeno la domenica.
Leggendo L’amica geniale si ci estranea dalla realtà, si entra nella dimensione del romanzo, completamente immersi in un bildungsroman al femminile, dove le due anime di Elena e Raffaella sono come due forze opposte e contrarie, che a tratti di attraggono e a tratti si allontano.
Ho apprezzato molto le coloriture dialettali e il linguaggio fresco e diretto di Elena Ferrante, la facilità con cui affronta qualsiasi sentimento, la passione che mette nello scrivere della vita reale, ispirandosi a quello che vede attorno a sé (e forse anche a qualcosa che ha vissuto), lasciando trasparire violenze familiari e sociali, nascoste tra i muri dei palazzi del borgo. I personaggi sono famiglie “normali”, quella dell’ex falegname, quella dell’usciere, quella dello scarparo e quella del fruttivendolo, con le loro faziosità, i loro bisticci, gli scandali e i sogni per il futuro. Sono persone che vivono il loro tempo, che si riuniscono a casa Cerullo “a vedere il miracolo” quando alla famiglia viene regalata la prima televisione a tubo catodico.
Sono persone che è davvero bello conoscere, che vorresti come vicini di casa e che sei curiosa di scoprire ancora e ancora. Non mi resta, quindi, che proseguire con la lettura.
Io sto leggendo il terzo volume, i primi due li ho letti in vacanza. La storia è veramente appassionante, penso che centellinerò le pagine del quarto volume in maniera che duri il più possibile.
Buona lettura allora Lucia. Eh si è proprio vero, quando troviamo libri che ci appassionano è sempre un peccato finirli
Veramente una saga appassionante, divinamente scritta!
Concordo! Devo decidermi a mettere il secondo libro nella prossima #cinquinadelmese :) tu li hai letti tutti?