Vi ho raccontato un po’ de L’intestino felice di Giulia Enders, uscito da poco per Sonzogno, in una delle scorse puntate de Il Segnalibro. Ora che l’ho letto tutto (si può dire digerito, per restare in tema?) posso dire di aver imparato un sacco di cose nuove. 5 ve le scrivo qui.
1) Dimmi com’é la tua cacca e ti dirò come stai
Parlare di cacca non è poi così imbarazzante. Se pensiamo che le mamme, parlano solo di colore, consistenza e odore della pupù del neonato (definita anche “santa”), perché non deve essere lo stesso per quella degli adulti, che è spesso indicedi problemi di salute?
Il libro di Giulia Enders è arricchito dalle illustrazioni della sorella Jill, laureata in design della comunicazione, e questa tabella – che trovate nella “Piccola lettura sulle feci” – vi aiuterà a scoprire come state. La consistenza, infatti, è un elemento fondamentale per capire se la vostra digestione è corretta (tipi 3 e 4). Se vi identificate di più (e spesso) in uno degli altri tipi, forse è il caso di rivolgersi al medico.
2) C’é grasso e grasso
Siamo cresciuti tutti con la convinzione che i grassi vegetali fossero da preferire a quelli animali, che un filo d’olio d’oliva sul cibo (crudo) fa bene al cuore e a tante altre cose. Ma ci siamo mai chiesti perché?
I grassi animali presenti nella carne, nel latte nelle uova contengono molto più acido arachidonico degli oli vegetali. Con gli acidi arachidonici il nostro corpo produce molecole segnale in grado di trasmettere la sensazione del dolore. Al contrario, oli come quello di colza, di semi di lino e di canapa contengono più acidi alpha linoleici che hanno proprietà infiammatorie.
Ciò non vuol dire che se soffrite spesso di mal di testa dovete optare per un bicchiere di olio invece di un ibuprofene, ma è scientificamente provato che un utilizzo regolare di questi alimenti per condire e cucinare può aiutare chi soffre di malattie infiammatorie, portando anche a percepire un dolore meno acuto rispetto a chi predilige grassi animali.
Ah, l’olio poi va conservato in frigo, per evitare l’assorbimento dei radicali liberi presenti nell’aria.
3) Quando il metodo del dondolo non funziona: i lassativi e la regola dei tre giorni
Problemi di stitichezza? Ecco la soluzione del secolo: il metodo del dondolo. Come ben illustrato in figura, sempre grazie a Jill Enders, provate a sedervi sul water e a dondolare, piegando il busto in avanti fino a toccare le cosce e poi risalendo su. In bagno non vi vede nessuno, quindi tentar non nuoce!
Se anche questa tecnica originale non dà i risultati sperati forse è il caso di ricorrere ai lassativi. Giulia Enders ne fa una panoramica dettagliata, quindi con il libro alla mano potete recarvi dal medico o direttamente in farmacia per fare acquisti. Ricordatevi però la “regola dei tre giorni”:
Il colon è diviso in tre settori: ascendente, trasverso e discendente. Quando andiamo al gabinetto, di solito svuotiamo l’ultimo. Entro il giorno dopo, Siri nuovo e il gioco ricomincia daccapo. Se si assumono lassativi molto efficaci, può capitare di svuotare interamente il collo, cioè tutte e tre le parti di cui è composto, e spesso bisogna aspettare tre giorni prima che si riempia di nuovo a sufficienza. Chi non conosce la regola dei tre giorni, fai in tempo a inquietarsi di nuovo. Ci risiamo? Non sto andando al gabinetto neppure il terzo giorno? E allora – paff – ingoia un’altra pastiglia o scioglie una polverina in acqua. È un circolo vizioso del tutto inutile. Dopo aver preso un purgante, possiamo lasciare in pace l’intestino anche per due giorni di fila. A partire dal terzo giorno, può ricominciare la conta. Chi è sicuro di avere l’intestino pigro, può ricorrere a rimedi anche dopo due giorni.
4) Microbi e batteri: incontri ravvicinati
In un grammo di feci ci sono più batteri che persone al mondo. Incredibile, vero?
Questo dovrebbe darvi l’idea della loro importanza, per il nostro organismo.
Un bambino finché si trova nella pancia della mamma è in una condizione di assoluta assenza di microbi: non è toccato da nessuno, assume cibo premasticato, vive grazie a ossigeno prerespirato. Appena si rompono le acque, però, inizia la colonizzazione. E se ha la fortuna di venire al mondo con parto naturale, prima di vedere gli occhi dell’ostetrica e quelli della madre incrocia la flora protettiva vaginale, un utile “manto batterico” di lattobacilli.
I bambini nati con parto cesareo ci mettono mesi, o anche di più, a sviluppare normali batteri intestinali […] e corrono un rischio più elevato di soffrire di allergie o asma.
Ecco perché è importante, soprattutto in gravidanza, preservare la flora intestinale. Come, lo si legge più avanti quando si arriva a probiotici e prebiotici.
Parlando con un’amica di questo argomento ne è uscita una frase davvero azzeccata: “alla nascita il bambino prende con sè il meglio di te”.
5) Un pacco di inulina e un vasetto di acido lattico destrogiro, grazie.
Tra i prebiotici, gli alimenti in grado di nutrire la microflora benefica, c’è l’inulina. Leggermente dolce e gelatinosa, viene a volte impiegata nella produzione degli alimenti al posto dello zucchero. Perché, vi chiederete, andare a sostituire un alimento tanto pregiato e gustoso? Il problema non è il dolce in sé, il fatto è che ne mangiamo solo la variante insana.
Spesso i cibi etichettati con “senza zucchero” o con “meno grassi” ci fanno un’impressione sinistra. Pare che edulcoranti come l’aspartame siano cancerogeni, mentre altri dolcificanti utilizzati per tipici prodotti “light” vengono dati ai maiali all’ingrasso. Lo scetticismo è dunque giustificato. Un prodotto contenente inulina al posto dello zucchero e dei grassi può invece essere più sano di uno pieno di zucchero e grassi animali. Vale quindi la pena leggere attentamente la lista degli ingredienti dei prodotti dietetici, perché in certi casi possiamo davvero concederci qualche sfizio di gola con la coscienza a posto, e i batteri intestinali sono invitati a far merenda con noi.
Lo yogurt non è altro che latte predigerito da batteri; detta così non è proprio la più felice delle espressioni, ma è la verità.
Quando vi trovate davanti al banco dei latticini, in base a cosa scegliete quale acquistare? Confezione risparmio, zero zuccheri, etichette colorate e allegre? Bene, da oggi tutto questo passa in secondo piano, quello che dovete guardare è la tabella degli ingredienti.
Il lattosio, lo zucchero del latte, viene suddiviso in grossi pezzi e trasformato in acido lattico in piccole molecole saccaridiche, ecco perché lo yogurt è complessivamente più acido e dolce del latte. Il nuovo acido che si forma a un effetto aggiuntivo: fa coagulare l’albumina del latte, che diventa più solido, cioè acquista la consistenza dello yogurt. Ecco perché conviene far predigerire il cibo da batteri in grado di realizzare alimenti particolarmente sani. I produttori di yogurt minimamente consapevoli impiegano batteri che elaborano più acido lattico destrogiro che levogiro. Si tratta di due molecole specularmente opposte. Per i nostri enzimi digestivi, l’acido lattico levogiro è come una forbice per mancini in mano a normali destrorsi: difficile da digerire. Ecco perché al supermercato è meglio scegliere yogurt sulla cui lista degli ingredienti compaiono scritte tipo: “contiene soprattutto acido lattico destrogiro“.
ps. chi ha occasione di andare al Salone Internazionale del Libro a Torino, potrà incontrare Giulia Enders sabato 16 maggio alle ore 20.
Lo leggerò presto e sono curiosissima di scoprire tutti i consigli dell’autrice su questo argomento che, spesso, viene messo in secondo piano.