Quante belle persone ci sono al mondo? Non lo si può dire, perché da contare sono troppe e in una vita non riusciremo, neanche volendo, a incontrarle tutte. Io però ho la fortuna di averne conosciute parecchie, soprattutto negli ultimi mesi, grazie al blog e grazie a Silvia di Feltrinelli Verona che mi ha coinvolta nelle presentazioni in libreria. Quella che ho incontrato la settimana scorsa è una persona speciale: si chiama Francesca Vecchioni, e se il nome vi ricorda un noto cantautore italiano avete fatto centro, è proprio sua figlia. Ma non canta. Scrive. E molto bene.
Francesca ha di recente pubblicato un libro sulla sua vita, non tanto come “figlia-di”, ma grazie a questo nome sicuramente ha ottenuto maggiore visibilità e questa è una bella cosa, per una volta, perché è riuscita a far arrivare un messaggio davvero importante: la diversità non esiste.
Succede una cosa a chi gode di luce non propria: non sai mai se ti stanno guardando davevro, o se il loro sguardo ti attraversa soltanto per arrivare ad altro. A partire dal momento in cui ho realizzato questo concetto – una conquista che è coicinsa con l’inizio della consapevolezza – non è mai stato facile capire se chi mi voleva conoscere lo facesse solo per la curiosità legata a mio padre o no. Me ne sono fatta una ragione pensando che, sì, probabilmente doveva essere così, però doveva essere che piacessi un po’ anch’io… altrimenti si sarebbero stancati presto di frequentarmi, o no???
T’innamorerai senza pensare è una frase della canzone Figlia che il padre, Roberto Vecchioni, le ha dedicato quando è nata. Ed è un augurio bellissimo: innamorarsi senza l’ansia di doverlo fare per forza, senza troppi pensieri, senza condizionamenti. E senza pregiudizi. È per questo che lotta Francesca, perché l’amore deve poter essere universale e universalmente accettato.
Per quanto tempo ho pensato che il modo migliore per combattere questa battaglia fosse mostrare alla gente che davvero non esistono un noi e un voi, che non c’è una reale contrapposizione. Perché essere omosessuali o bisessuali o eterosessuali non ci rende migliori o peggiori degli altri, non ci rende persone più brave o cattive, di destra o di sinistra, credenti o laici. È come essere biondi o mori, alti o bassi, insomma non è una scelta. Una scelta, casomai, è vivere se stessi con serenità. È casomai l’effetto che su di noi ha il pregiudizio sociale, a farci tendere verso una sclta “di campo”.
E uno degli argomenti più difficili da affrontare, e più attuali nel dibattito sociale, è il concetto di famiglia omosessuale, attorno a cui ruota gran parte del libro. Francesca è madre di due bellissime gemelline e parla (leggi lotta) ogni giorno perché altre coppie di uomini e donne possano ottenere il riconoscimento di essere una famiglia, pur essendo dello stesso stess. Un pensiero che mi trova assolutamente d’accordo, perché ritengo che l’ingrediente principale per essere un buon genitore sia amare i propri figli, e insegnare loro a fare altrettanto. Indipendentemente dall’orientamento sessuale.
La critica più frequente che viene fatta a una coppia omosessuale che decida di avere figli è: “ma non avete paura che soffrano in una società che li discriman? E cosa gli diranno a scuola gli altri bambini?” A parte il fatto che ciò che dicono i bambini è diretta espressione di quello che pensano gli adulti (i bambini non nascono discriminando: lo imparano); ma poi, perché quando si parla di tematiche legate all’omosessualità si finisce sempre col far passare per opinioni sensate pareri che sfiorano l’insulto? Preso atto del fatto che tutte le ricerche in tema di figli cresciuti in famiglie con genitori omosessuali confermano che non esistono differenze rispetto ai figli cresciuti in famiglie eterosessuali e che, anzi, il vero problema è lo stigma sociale, cioè la presenza di un pregiudizio; preso atto di questo, cerchiamo di fare chiarezza variando il codice linguistico. Abbandoniamo per un attimo il codice omofobico e passiamo a quello razzista. Nella frase pronunciata sopra il pregiudizio verrebbe a galla immediatamente; perché sarebbe come dire a una famiglia di origini marocchine residente in Italia: “No, non è il caso che facciate figli qui, perché in Italia siamo razzisti : chissà cosa gli direbbero a scuola”. A volte basta cambiare il punto di vista per accorgersi di quanto pregiudizio ci sia in un pensiero semplice, quanto esso possa passare inosservato. Il problema è sempre negli occhi di chi guarda.
E da qui come non ricollegarsi all’omofobia, una piaga della nostra società “perché discriminare è peggio che essere discriminati”.
Discriminare rovina la nostra società, ne mina il benessere, la svuota della carità e dell’umanità che la rendono ciò che è, indebolisce la forza che la tiene insieme.
Chi discrimina pecca di ignoranza, ma grazie a questo libro può superare questa sua mancanza di informazioni, grazie al racconto in prima persona di chi ci è passato. T’innamorerai senza pensare è prima di tutto un libro per gli eterosessuali, che vuole cercare di spiegare cosa vuol dire essere gay, che vuole abbattere la barriera della diversità, che vuole mettere tutto e tutti sullo stesso piano. (Utile e divertente, a fine libro, il Manuale di sopravvivenza per eterosessuali, che smonta tanti dei pregiudizi sugli LGBT). E poi è un libro anche per gli omosessuali, per far loro capire che non si devono sentire esclusi dalla società, che devono lottare per il cambiamento, non aver paura di fare coming out.
Poter parlare con Francesca, leggere il suo libro e ascoltare le sue parole anche dal vivo è stata un’occasione unica per imparare qualcosa di più sulle persone. E per questo devo ringraziare anche gli organizzatori del Verona Pride che l’hanno voluta invitare per la manifestazione, dando così a me e a molti altri intervenuti durante l’incontro di conoscerre una persona stupenda.
nb. Il ricavato della vendita del libro andrà tutto devoluto all’associazione Diversity, di cui Francesca Vecchioni è presidente
ps. per le foto grazie a Mirko, Antonella Anti e lo staff del Verona Pride