“Eleanor Oliphant sta benissimo” è un libro di cui molti parlano, in queste prime settimane dopo la sua uscita. Ad accendere il me la curiosità è stato il magistrale lavoro foto-grafico di “lettura creativa” fatto da @zeldawasawriter sul suo profilo IG. E ho deciso che dovevo assolutamente leggerlo anch’io, così l’ho inserito tra le mie letture estive. Ora che l’ho finito, posso dire con certezza che devi assolutamente leggerlo anche tu.
La storia sembra abbastanza ordinaria: una donna sulla trentina, impiegata modello, un po’ introversa, forse anche un po’ stramba. Piena di manie, bizzarre abitudini (come trangugiare vodka durante tutto il fine settimana) e uno stile di vita che rasenta la noia. Non vede nessuno, non esce con nessuno, al lavoro non fa comunella con i colleghi e non si avvicina minimamente alla macchinetta del caffè se c’è qualcuno nei paraggi. La sua routine è così perfettamente organizzata da sembrare vuota, più che piena di cose da fare.
Ma come in tutti gli ingranaggi perfetti c’è qualcosa che, di punto in bianco, comincia a scricchiolare. E quello che all’apparenza sembrava un romanzo banale si trasforma in un thriller psicologico (un genere che, personalmente, adoro, da quando ho letto Gillian Flynn).
Sono sempre stata orgogliosa di cavarmela da sola nella vita. Sono l’unica sopravvissuta, sono Eleanor Oliphant. Non ho bisogno di nessun altro: non c’è una grande voragine nella mia esistenza, nel mio puzzle privato non manca alcun tassello. Sono un’entità autosufficiente. O almeno è quello che mi sono sempre detta.
Inquietante è il rapporto di Eleanor con la madre, che la chiama ogni mercoledì sera dal carcere in cui è rinchiusa (per cosa si intuisce solo scorrendo le pagine, anche se il vero colpo di scena arriva alla fine). Il suo personaggio mi ha tormentato per tutto il libro. Digrignavo i denti, quando ne leggevo le battute. Alzavo gli occhi al cielo, per i suoi atteggiamenti. E tutto ciò non faceva che avvicinarmi ancora di più ad Eleanor.
Mia mamma mi ha sempre detto che sono brutta, stramba, orrenda. Lo fa dai miei primi anni di vita, addirittura da prima che comparissero le cicatrici.
Più che strana, direi che Eleanor Oliphant è terribilmente SOLA. La solitudine è un tema molto delicato da affrontare, pieno di sfaccettature e – spesso – anche di segreti. La maestria con cui l’autrice li fa venire a galla, un pezzo alla volta, ti spiazza e allo stesso tempo di incuriosisce. E fino alla fine nutri un irrefrenabile desiderio di scoprire cos’è successo veramente nel passato di Eleanor. Cos’è che l’ha così tanto turbata. Cos’è che ci vuole tenere nascosto.
Un po’ per l’insana curiosità che alberga dentro ognuno di noi e che è esplosa con Facebook e i vari social network. Alzi la mano chi non li frequenta per farsi un po’ gli affari degli altri. Ma anche perché Eleanor Oliphant ti sta così a cuore, ti ci sei così tanto affezionata, da voler sapere tutto di lei. Un po’ come succede a Raymond, il tecnico informatico con cui esce a pranzo una volta a settimana. Pur lavorando nello stesso edificio non si erano mai rivolti la parola. Un giorno vengono coinvolti loro malgrado nel salvataggio di un uomo che si è sentito male per strada. E da lì inizieranno a frequentarsi. Non come amanti, ma come semplici conoscenti; a detta di Raymond sono già amici, ma Eleanor di amici non ne ha mai avuti, quindi in realtà non sa esattamente quale senso associare a quel termine.
Eleanor Oliphant sta benissimo è un romanzo sulla resilienza, un vero Up-Lit, quel genere che sembra nuovo ma che in realtà è sempre esistito. Up-Lit sta per uplifting, “letteratura edificante” e racchiude tutti quei libri che, una volta terminati, ti fanno stare meglio. Non perché (o meglio, non solo perché) hanno un lieto fine, ma perché ti hanno talmente coinvolto che non puoi che fare il tifo per la/il protagonista e sperare che tutto si risolva.
Altri libri che mi hanno fatto sentire così sono stati L’arminuta di Donatella di Pietrantonio e Wonder di R. J. Palacio.
Tu hai mai letto libri che ti hanno fatto “sentire meglio”, una volta terminati? Sarebbe bello poter fare una lista di letture edificanti. Scrivi nei commenti i titoli che ti senti di consigliare ad altri lettori.
Torno indietro nel tempo, un libro edificante e la cui lettura mi ha fatto stare meglio è “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee. Grandioso!
Hai ragione, davvero molto bello! (il sequel un po’ meno…)
Vista la massiccia pubblicità che è stata fatta a questo libro, avevo deciso di lasciar perdere perché pensavo al solito caso commerciale ma poi…..poi ho letto la tua recensione e mi sono innamorata prima ancora di iniziare la lettura. Non vedo l’ora di cominciarlo!! E’ la stessa cosa che mi è successa con L’Arminuta e non sono rimasta delusa!
<3 <3 <3
L’ho finito!!!!! Me-ra-vi-glio-so!!!!!! Grazie!!!!
<3 <3 <3